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Caelum videmus est speculum vitae nostrae
Lo shock iniziale è stato enorme Irene Cagol
Quando mi è stato proposto di andare in Tanzania non sapevo bene cosa aspettarmi, avevo la sensazione di un viaggio diverso da quelli che avevo già fatto, un viaggio più per comprendere ed informarmi che per visitare e rilassarmi. Forse avevo paura di incontrare una realtà diversa da quella a cui ero abituata, mi chiedevo se sarei stata in grado di portare un mio contributo, una missione di volontariato era per me una novità assoluta. Alla fine sui miei dubbi ha vinto la curiosità e ho deciso di partire. A pensarci oggi, sono molto felice e onorata di aver fatto questa scelta. A Lumuma ho trovato una Comunità molto accogliente e riconoscente per il lavoro fatto in tutti quegli anni. Inizialmente non sapevo come rispondere a questo calore, gioia, accoglienza e amore gratuito. Lo shock iniziale è stato forte, nei primi giorni ho provato un senso di colpa per essere nata in una regione del mondo ‘fortunata’ senza averne nessun merito, sensazione che si è dileguata quando ho provato a comprendere il loro modo di vivere e a vivere insieme a loro. A scuola i bambini erano gioiosi di imparare, cantavano, ballavano e si divertivano giocando con poco, bastava una palla sgonfia per renderli felici. Alla Missione le suore erano pronte ad aiutarci in ogni modo possibile. Ho passato molto tempo con le suore mie coetanee, lavorando con loro, stendendo e piegando i vestiti o aiutandole a pulire la casa. Riuscivamo a comunicare solo a gesti e sorrisi, ma mi hanno comunque insegnato tanto, dalle canzoni che cantavano mentre svolgevano quei lavoretti, alla loro gioia nel passare tempo assieme, alla forza che esprimevano, loro che avevano imparato ad arrangiarsi per ogni cosa di cui avevano bisogno.
Per me il pollo è sempre stato un piatto cotto e servito, che non ho mai apprezzato più di tanto. Oggi, il pollo mi ricorda Suor Francesca che canticchiando va nel pollaio e lo uccide con le sue mani, per poi cuocerlo per il pranzo e servircelo con tanta generosità. Suor Francesca faceva mille cose, dal tenere l’orto e le galline al mantenere in buono stato la centrale idroelettrica, senza aver mai frequentato un’università di fisica o nulla del genere. Suor Flora conosceva perfettamente l’italiano e mi permetteva di comunicare anche con le altre suore, quando i gesti non bastavano. Giorgy, il nostro autista, ci ha portato in giro per l’Africa su strade dissestate, rimanendo sempre con il sorriso sulle labbra e parlandoci con il suo italiano imparato a poco a poco negli anni. Mi ha insegnato qualche parola di Swahili, una lingua davvero bellissima da ascoltare. In generale, l’atmosfera di serenità e gioia che si respirava, nonostante la povertà e i lavori semplici da svolgere, mi hanno fatto capire quanto i miei problemi fossero piccoli e ridicoli e mi hanno permesso di vivere probabilmente le settimane più spensierate della mia vita. Infatti, superato il disagio e senso di colpa iniziale, sono stata travolta dai loro ritmi di vita e ho trovato piacere nell’aiutare nei piccoli lavoretti e nel sentirmi parte di qualcosa di più grande di me. Aiutare in diversi modi, secondo le mie possibilità, mi ha fatta sentire appagata e felice. Ho svolto lavori, come pulire i bagni della scuola, che qui in Italia non avevo neanche mai pensato di voler o saper fare, con un sorriso a 32 denti. Il mio ricordo più bello, che mantengo protetto per non dimenticarlo mai, è la serata passata con i Maasai. Anche in questo caso lo shock iniziale è stato enorme, mi sono chiesta come fosse possibile che nel 2019 ci fossero delle Comunità che vivessero in modo così primitivo. Quando sono riuscita a far da parte i pregiudizi, mangiando con loro seduti a terra davanti al fuoco, circondata da bambini di tutte l’età, ricevendo abbracci e sorrisi in continuazione, mi sono sentita sopraffatta e commossa da questo amore gratuito. In questo viaggio sono partita con l’idea che avrei provato a dare e ad aiutare, ma ciò che ho ricevuto è sicuramente molto più profondo e vero. Ho imparato a non giudicare dalle apparenze, provando sempre ad andare un pochino più a fondo, a dare senza aspettarmi nulla in cambio, ma solo per il piacere di farlo. Porterò sempre con me ricordi e le sensazioni che l’Africa mi ha regalato, insieme alla vista del suo magnifico cielo stellato.