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Tantum tempus et amor docet te dare.
Schegge di vita Alfonso Fontana
Da giovane, pur avendo la possibilità, non volevo andare in Africa. Pensavo che se Dio aveva fatto gli uomini con il colore della pelle nera e li aveva posizionati in quel continente, quella terra doveva essere stata creata esclusivamente per loro. Ho vissuto con le O.N.G. bellissime esperienze come volontario, sia in Italia che in America Latina, e successivamente sono stato coinvolto dal compianto Faustino nel gruppo A.M.O.S. di Carisolo, che da parecchi anni lavorava con impegno in Tanzania, in collaborazione con le suore, nella zona di Dodoma e Lumuma. Ho seguito da esterno le varie attività svolte dai volontari: la costruzione della centrale, la strada per Mbuga, la casa delle suore di Dodoma, il panificio. Dopo aver raggiunto la pensione, spinto anche da mia moglie, che a suo tempo aveva partecipato ad una spedizione assieme a don Celestino, ho deciso di conoscere personalmente la realtà descrittami da chi tornava. Nel gennaio 2013 mi sono aggregato al gruppo di chi, da anni, si recava a Lumuma. Non so se è vera la leggenda dell’esistenza del mal d’Africa, ma da quel primo viaggio, aspettavo con ansia il mese di gennaio per poter ritornare in quei luoghi che ormai consideravo come casa mia. Ho conosciuto persone splendide: Padre Egidio, ormai ottantenne, che da decenni svolgeva la sua attività di missionario e che ha voluto morire ed essere sepolto tra la sua gente. Suor Martina, che quando ti parlava riusciva a trasmetterti una serenità che, come diceva il Sommo Poeta: “intender non la può chi non la prova”. Suor Francesca, deus ex machina della centrale che da prima dell’alba a notte fonda svolge un lavoro nascosto ma prezioso al servizio di tutti. Suor Flora, la madre delle novizie, che a prima vista sembra scontrosa e rude, ma conoscendola scopri in lei una ricchezza di umanità che non traspare immediatamente.
Le novizie, che con umiltà e costanza svolgono il servizio di accudire la casa dove abitiamo. Ne ho nominate alcune ma molte altre, suore e non, hanno lasciato dentro di me un po’ di nostalgia ed il desiderio di rivederle. Silvano con il suo gruppo, ha realizzato la scuola di Lumuma. Credo sia un’opera importante per quella comunità. Non l’ho detto, ma una cosa che mi ha colpito fin dal primo momento sono stati i bambini. Bellissimi, come tutti i bambini del mondo e sono tanti. Quando li vedi, nelle loro uniformi pulite, camminare in fila, chiassosi e ridenti sotto la guida dei maestri e ti salutano chiedendoti le “pipi” (caramelle) è un’immagine che ti riempie il cuore di gioia e ti fa capire che forse vale la pena impiegare un pizzico della tua vita per rendere migliore quella di chi ti sta vicino. Un’altra cosa che ho scoperto e che mi ha fatto rivivere i momenti della mia fanciullezza al mio paese, è quella che tutta la Comunità adulta da’ l’impressione di essere impegnata a custodire e vegliare sulla sicurezza dei piccoli: non importa se sono tuoi figli o figli di altri, sono il futuro. Non voglio con questo idealizzare o descrivere l’ambiente africano che ho conosciuto, come qualcosa di perfetto. L’arrivismo, la corruzione ed i malanni che esistono nella nostra Società appaiono forse ancora più evidenti. Allora qualcuno può chiedersi del perché perdere tempo, impiegare risorse, per favorire lo sviluppo di un microscopico puntino sulla carta geografica. Le risposte dobbiamo trovarle dentro di noi. A mio modo di vedere, quelle importanti sono due: primo; quando si entra nell’ottica del dare gratuitamente, alla fine ti accorgi che è maggiore quello che ricevi in cambio di quello che dai. Secondo; i fiumi sono fatti di tante gocce e se ognuno di noi ne versasse qualcuna in un canale, alla fine avremmo tanta di quell’acqua da rendere migliore e più fertile questa terra.